INTERVISTA DI ROSARITA CRISAFI – musica jazz, marzo 2014

1. come hai iniziato? 

Ho cominciato da bambina: prima un po’ di pianoforte e poi per diversi anni presi lezioni private di chitarra classica, come succede a tanti bambini ai quali i genitori fanno studiare uno strumento. Per me era un gioco e la cosa non mi pesava. Così come giocavo a basket, allo stesso modo un giorno della settimana era dedicato a quell’impegno. Sulla custodia di legno della chitarra avevo disegnato fumetti di pirati, che mi piacevano tanto. Non ci fu quindi nessuna folgorazione e neanche ricordo un momento in cui abbia fatto una promessa a me stessa, come si vede nei film. Mi è sempre sembrato parte della mia vita. Visto che riuscivo abbastanza bene con la chitarra, i miei genitori si aspettavano che ne avrei perfezionato lo studio anche al conservatorio. Forse fu un capriccio adolescenziale del quale non mi pento che mi fece invece scegliere improvvisamente il contrabbasso.

2. influenze e ispirazioni 

Sicuramente i maestri della scuola jazz che frequentai nella mia città dai quattordici anni in poi, a cominciare dal direttore David Boato. Arrivavo in quell’ambiente di musicisti professionisti e riconosciuti con le mie vecchie passioni musicali di bambina. L’estate precedente, appena finita la terza media, avevo registrato, sovraincidendo voci e strumenti su un otto piste, le canzoni dei Beatles che mi avevano accompagnato durante l’infanzia e per me erano la musica. Grazie a David conobbi un nuovo mondo musicale: quello del jazz. È difficile restringere il campo dei riferimenti artistici a pochi nomi: non fatemi dire Dave Holland o Kenny Wheeler o Avishai Cohen il trombettista. Ascolto alcuni autori più di altri, cercando sempre di allargare la mia ricerca anche all’interno di filoni musicali che ho meno frequentato: per esempio la musica elettronica o la classica, ritornando poi sempre con umiltà a Bach. Stavo per dimenticare il reggae, che ho suonato per anni con la mia band assieme ai compagni del liceo: ricordo i capelli rasta (oddio, quando li ho tagliati!), il cuore in levare e il ballare quando si suona!

3. se tu fossi stata uomo? 

Non riesco a immaginarlo: se fossi stata un uomo mi sarebbe piaciuto fare il pirata.

4. Donna: critica e colleghi 

Posso dire che il fatto che sia una donna non ha determinato un approccio diverso da parte di gran parte delle persone che ho frequentato. Più in generale, il discorso diventa complicato perché, se si fa presto a riconoscere il maschilismo quando si manifesta nei comportamenti che sappiamo, a volte quello che può sembrare un vantaggio, ovvero una donna che suona strumenti inconsueti e non più solo cantante o pianista, da un lato rappresenta un elemento di novità e da un altro potrebbe invece essere una variante di quel sessismo. Voglio dire che vorrei che a parlare fosse solo la musica e non la differenza di genere.

5. esperienze e incontri 

Sicuramente la composizione e la pubblicazione del disco «Camarones a la plancha», con David Boato alla tromba, Piero Bittolo Bon ai sassofoni, Riccardo Chiarion alla chitarra e Luca Colussi alla batteria. Inoltre la partecipazione con una borsa di studio ai seminari di Siena jazz mi ha permesso di entrare in contatto e di suonare con musicisti come Lionel Loueke, Miguel Zenón o Ferenc Nemeth, senza i quali avrei forse seguito altre ispirazioni.

6. Vedi più donne nel jazz? 

Mi sembra proprio di sì: manca solo la batterista. Ti aspettiamo!

7. Progetti e aspirazioni 

Tengo molto al quintetto Omit Five con Mattia Dalla Pozza, Filippo Vignato, Joseph Circelli e Simone Sferruzza; abbiamo appena pubblicato il nostro secondo disco. Un desiderio da inizio anno, che riguarda me e i giovani che vogliono vivere di musica, è che il nostro Paese cambi. Le cose che mi fanno sognare sono tante; tra queste vorrei approfondire la composizione, l’orchestrazione e l’arrangiamento.

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