intervista di tamara casula

 INTERVISTA DI TAMARA CASULA – www.outsidersmusica.it

Abbiamo incontrato Rosa Brunello e il suo quintetto  venerdì 10 maggio, al 28DiVino, la contrabbassista veneta a soli 27 è l’autrice e l’arrangiatrice dei pezzi che compongono il loro primo CD, “Camarones a La Plancha”, e dirige con sicurezza la sua piccola orchestra composta dai validissimi musicisti Piero Bittoloal sax, David Boato alla tromba, Riccardo Chiaron alla chitarra elettrica e Luca Colussi alla batteria.

 

Questa giovane e talentuosa donna ci ha fatto emozionare con le sue composizioni melodiche, che spaziano tra il jazz, il rock e le sonorità latine, aiutata da un gruppo ben affiatato con il quale riesce a coinvolgere e a far sognare il suo pubblico.

Dopo aver assaporato questa sua esibizione, che se si volesse riassumere in due parole queste non potrebbero che essere energetica e poetica, abbiamo deciso di conoscere meglio Rosa Brunello.

Rosa parlaci  un po’ di te, come è nata la passione per la musica, per il jazz e quando hai iniziato a suonare?

Ho iniziato a studiare la chitarra da piccola, come succede a tantissimi bambini ai quali i genitori fanno studiare uno strumento. Prima un po’ di pianoforte e poi per anni di seguito lezioni private, tipo: il giovedì basket, il venerdì chitarra. La cosa non mi pesava, era un gioco. Disegnavo sull’astuccio in legno della chitarra immagini dei pirati. Quindi nessuna folgorazione e non potrei dire che ci sia stato un momento particolare in cui abbia fatto una promessa a me stessa, mi è sempre sembrato parte della mia giornata. Dalla chitarra classica sono passata allo studio del basso verso i quindici anni in una scuola di musica di Mogliano gestita e frequentata da jazzisti. Il direttore era (ed è) David Boato che mi ha subito incoraggiata. Esisteva all’interno della scuola la possibilità di accedere a borse di studio negli ambienti del jazz (Umbria Jazz, Berklee College of Music). In questo modo ho potuto frequentare seminari sia a Perugia che a Boston.

Quando hai capito che volevi far diventare una professione questa tua passione?

Probabilmente quando si trattava di decidere, dopo la maturità, se iscrivermi al Conservatorio o no.

Chi  ha maggiormente influenzato le tue  composizioni?

Immagino che, per ognuno di noi, siano le musiche che più si ascoltano nell’età dell’adolescenza a rifarsi vive per il resto della vita insinuandosi nell’ispirazione. Probabilmente è successo anche a me, che ho vissuto di Beatles e del teatro respirato in casa mia dove ascoltavo mio papà e i suoi amici burattinai comporre le canzoni per le loro storie. La vedevo come una cosa normale. Una storia si racconta anche con una melodia.

Per quanto riguarda i musicisti con i quali ho suonato e che mi hanno influenzata, ce ne sono più di uno, ma penso innanzitutto ai miei maestri più diretti come David Boato, Andrea Lombardini e Glauco Venier. Credo che sia una fortuna avere chi ti fa capire da subito gli obiettivi nobili della musica, come di ogni disciplina artistica, lasciando da parte gli autocompiacimenti.

Quando componi ci sono dei posti dove ti piace andare anche solo con la fantasia?

Innanzitutto i luoghi della memoria. Poi succede che, iniziando una frase che vuole essere la ricostruzione di un momento, la frase stessa si fa autonoma da quel ricordo e ti introduce in luoghi nuovi, anche fantastici, mai esistiti.. c’è il piacere di farsi condurre per mano dalla fantasia fino a scoprirli.

Che emozioni ti piace far nascere nelle persone che ascoltano la tua musica?

Per me comporre un brano è raccontare una storia e mi piace immaginare in chi ascolta la curiosità, l’attesa, di sapere come va a finire.

 

Donne e carriera… nel mondo del jazz ci sono difficoltà ad emergere legate al tuo essere donna?

Da bambina per passione giocavo a calcio, ero anche il capitano in una squadra di soli maschi. Poi ho smesso e voltato pagina. Tutti possono immaginare perché una bambina non avrebbe potuto fare altrimenti. Con la musica è stato diverso. Mi capita di frequente di ragionare con le mie amiche sullo sconfortante maschilismo diffuso a tutti i livelli nel nostro Paese. Mi viene da pensare che un ambiente creativo e aperto ad influenze internazionali come quello del jazz supererà per primo questo retaggio che in altri Paesi non c’è.

Per questo non voglio restare in panchina.

Dove ti vedi fra 10 anni? Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

Il mio sogno è quello di riuscire a girare il mondo con la musica, conoscere le culture diverse e chissà che la musica non mi aiuti a stare bene in mezzo agli altri.

A chi vorresti o a cosa vorresti dedicare il tuo ultimo lavoro musicale?

A chi vuol cambiare il mondo.