Recensione del disco OMIT FIVE (Caligola 2012) di Nicola Barin

Recensione del disco OMIT FIVE (Caligola 2012) di Nicola Barin

Spesso la produzione italiana jazzistica è molto buona ma non sa osare fermandosi ad abbozzi senza un prospettiva globale. Questo sicuramente non è il caso degli Omit Five, i cinque giovani provenienti dal conservatorio “Francesco Venezze” di Rovigo. L’intento del progetto è notevole, a volte forse acerbo, con una voglia di stupire che sa dosare con calma tutti gli elementi e creare temi convincenti prediligendo l’aspetto armonico. I riferimenti più ovvi del lavoro sono Dave Douglas e sicuramente il Wayne Shorter degli anni Sessanta. Cinque caratteri con la voglia di sperimentare senza l’ausilio del piano, ciò sicuramente acidifica i suoni soprattutto nello scambio perpetuo tra chitarra e sax alto.

Rosa Brunello ha una cavata morbida e predilige la melodia (assolo in “Camarones a la plancha”). Il suono è fresco, pulito ed esile ma sa diventare più composito e vivo altrove.

Otto brani originali su dieci condensano le impressioni e le sperimentazioni del gruppo in cui il sax alto di Dalla Pozza dialoga all’unisono con la chitarra di Circelli trascinando i compagni nel gioco. C’è la volontà di lavorare per il collettivo, distillando una musica d’insieme che, pur con alcune ingenuità compositive, delinea con forza una direzione matura che guarda in alto.

Nicola Barin per Jazzitalia